Introduzione
C’è un momento, nella notte, in cui qualcosa dentro di noi comincia a parlare. Parla con immagini, suoni, strane combinazioni di luoghi e volti familiari. Parla senza chiedere il permesso, come se sapesse già cosa dire. È il sogno.
Chiunque abbia fatto un sogno che “non va via” al risveglio sa che lì dentro c’è qualcosa che tocca, che resta, che inquieta o commuoverà soprattutto che risuona in noi. Ma cosa vuole dirci davvero un sogno? È solo un prodotto bizzarro del cervello addormentato, oppure porta con sé un messaggio più profondo?
Da Freud in poi, la psicoanalisi si è interrogata sul senso dei sogni. Ma oggi, in un’epoca dove tutto deve essere immediatamente comprensibile, ha ancora senso ascoltarli? In questo articolo ci addentreremo nel sogno come forma psichica, come linguaggio emotivo, come dialogo interiore che può trasformarci. Lo faremo attraverso le teorie classiche, quelle più recenti, e uno sguardo clinico che ci mostrerà cosa può accadere quando un sogno entra davvero in terapia.
Freud e il sogno come “via regia” all’inconscio
Sigmund Freud, nel suo celebre L’interpretazione dei sogni (1900), definisce il sogno come la “via regia” per accedere ai contenuti inconsci della mente. Secondo lui, ogni sogno è la mascheratura di un desiderio inconscio, spesso infantile, che riesce ad affiorare solo nella forma deformata del sogno.
Il sogno, per Freud, ha due livelli:
- Contenuto manifesto: ciò che ricordiamo al risveglio.
- Contenuto latente: il significato inconscio sottostante, che si cela dietro i meccanismi di deformazione onirica.
Questi meccanismi includono:
- Condensazione: fusione di più idee o immagini in un’unica figura onirica.
- Spostamento: il significato affettivo viene trasferito da un elemento importante a uno apparentemente secondario.
- Simbolizzazione: utilizzo di simboli per rappresentare desideri e fantasie.
Un esempio semplice: G. sogna di essere in ritardo a scuola, con indosso il pigiama e senza scarpe.
- Il contenuto manifesto è l’essere in ritardo, il pigiama, la scuola.
- Il contenuto latente potrebbe riguardare una paura di non essere all’altezza sul lavoro o nella vita privata.
- La condensazione si nota nel fatto che la scuola rappresenta sia un luogo d’infanzia che un simbolo di giudizio sociale.
- Lo spostamento avviene quando l’ansia per il lavoro si trasferisce nel sogno su un tema apparentemente lontano (la scuola).
- La simbolizzazione è evidente nel pigiama e nell’essere scalzi, che potrebbero rappresentare vulnerabilità o esposizione.
Attenzione, però! Quello che abbiamo visto è il sogno di G., con i suoi significati, le sue emozioni, la sua storia. Per G., la scuola, il ritardo o il pigiama hanno un significato preciso, ma non possiamo pensare che valga lo stesso per tutti. I sogni parlano un linguaggio simbolico, ma ogni simbolo è intimo, personale, radicato nell’esperienza di chi sogna.
Come diceva Pirandello, le parole sono come involucri vuoti: siamo noi a riempirle con i nostri significati. Prendiamo ad esempio la parola “casa”.
Per me, potrebbe rappresentare un rifugio sicuro, il calore della famiglia.
Per Mario, che fa l’architetto, la mente corre subito a strutture, planimetrie, punti luce.
Per Giovanni, invece, “casa” evoca angoscia, disordine, un’infanzia difficile.
Ecco perché, quando entriamo in un sogno, non possiamo usare un dizionario valido per tutti. Ogni sogno ha senso solo se rimane ancorato alla storia e alla sensibilità di chi lo ha fatto. Interpretare, allora, non è applicare una formula, ma entrare con delicatezza nell’universo di quella persona, in quel momento della sua vita.
Il sogno nel pensiero psicoanalitico post-freudiano
Col tempo, la concezione del sogno si è arricchita grazie al contributo di autori che hanno spostato l’attenzione dal “contenuto” al “processo” del sognare.
Wilfred Bion ha proposto una visione nuova: il sogno non è solo un contenuto da decifrare, ma una funzione della mente. Sognare è un processo attraverso cui l’esperienza emotiva viene trasformata in pensabilità. Quando questa funzione fallisce, l’individuo può vivere stati mentali caotici, privi di significato simbolico.
Thomas Ogden ha ampliato questa idea: secondo lui, il sogno è una forma di pensiero inconscio, attiva anche da svegli. L’analista può aiutare il paziente a "sognare" le esperienze non ancora elaborate. Come scrive Ogden, l’analista può “sognare il sogno del paziente”, rendendo insieme pensabile ciò che prima non poteva essere rappresentato.
Mark Solms, nel dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze, ha confermato l’importanza del sogno come spazio in cui si integrano emozione, desiderio e memoria. Il sogno, anche dal punto di vista cerebrale, non è semplice residuo diurno, ma processo di elaborazione attiva.
Antonino Ferro parla di sogno come narrazione emotiva: una storia che la mente costruisce per dare forma a stati affettivi grezzi. Nella relazione analitica, questa narrazione può essere condivisa, trasformata, e persino co-costruita.
Donald Meltzer ha posto attenzione alla funzione del sogno come luogo in cui emergono immagini interne profonde, e dove le relazioni oggettuali interiorizzate prendono vita sotto forma di scenari complessi. Il sogno diventa così uno spazio estetico e trasformativo.
Marion Milner, con la sua sensibilità clinica e la riflessione sull’esperienza creativa, ha sottolineato come il sogno possa essere un'espressione del processo simbolico personale, capace di legare il sentire al pensare. Nei suoi scritti, l'atto di sognare è vicino all'atto di creare, e l’analisi diventa uno spazio di gioco trasformativo.
Cosa significa “interpretare” un sogno in clinica oggi
Interpretare un sogno oggi non significa semplicemente decifrarne un codice simbolico. In ambito psicoanalitico contemporaneo, l’interpretazione ha una funzione trasformativa: si tratta di aiutare il paziente a pensare ciò che finora non poteva essere pensato.
Il sogno è spesso una comunicazione affettiva rivolta all’analista, e assume senso nel contesto della relazione analitica. Dunque ciò che accade nel sogno può essere una rappresentazione di ciò che il paziente vive nella relazione con sé stesso e con l’analista.
Come suggerisce Ogden, l’analista può "sognare con il paziente", accompagnandolo nell’entrare nell’atmosfera emotiva del sogno, lasciando che parli attraverso immagini, affetti, frammenti di racconto. L’analista, in questo senso, è testimone, co-autore e contenitore: non interpreta dall’alto, ma partecipa alla trasformazione condivisa di quel materiale psichico.
Quando un sogno ci cambia: un esempio clinico di un sogno ad occhi aperti
Non tutti i sogni accadono nel sonno. A volte sogniamo anche ad occhi aperti, mentre siamo immersi nei nostri pensieri o colpiti da qualcosa che ci tocca nel profondo. Questi “sogni ad occhi aperti” hanno un valore importante in terapia: sono espressioni dell’inconscio che emergono nella veglia, in forma narrativa o visiva, spesso più accessibili rispetto ai sogni notturni. Possono contenere desideri, paure, bisogni, ma anche intuizioni su ciò che stiamo vivendo, e raccontano qualcosa di profondo con il linguaggio simbolico tipico della psiche.
Analizziamo insieme un esempio.
A. è una donna di 31 anni. Durante una seduta racconta che, nei giorni precedenti, le è tornata alla mente una scena precisa del film Alla ricerca di Nemo. Dice di averla rivissuta come un sogno a occhi aperti: c'è Marlin, il padre di Nemo, che sta cercando disperatamente di ritrovare il figlio. La scena che la colpisce in particolare è quella in cui Marlin e Dory scendono negli abissi per recuperare la maschera del sub caduta sul fondale. Quando la raggiungono, si trovano faccia a faccia con un mostro degli abissi: una creatura enorme, affamata, terrificante.
È sempre molto interessante vedere come a volte in così poche immagini si possa condensare una via intera. La paziente infatti per tutta una vita ha cercato di andare in contro a quelli che lei sentiva come i bisogni della madre (Marlin attraversa tutto l’oceano per ritrovare il figlio). Attualmente sente di stare recuperando il rapporto con il padre attraverso il lavoro terapeutico (il padre della paziente nemmeno a farlo apposta è sub) ma nel far tutto questo sta andando incontro ad aspetti di sé che la spaventano e sono famelici (il mostro marino).
Questo sogno a occhi aperti diventa un passaggio importante del percorso terapeutico. Le immagini del film assumono una risonanza emotiva profonda: la paziente vede e sente quello che sta accadendo fuori e dentro di sé.
La maschera da recuperare – nel film come nel suo immaginario – è simbolo di una traccia da seguire, un indizio per ritrovare qualcosa di perduto. Ma per farlo, deve confrontarsi con parti interne intense e minacciose: il mostro degli abissi rappresenta aspetti di sé voraci, caotici, spaventosi, che emergono proprio nel momento in cui si avvicina a ciò che è emotivamente più delicato.
Nel corso del lavoro analitico, diventa sempre più chiaro che ogni figura del sogno – Marlin, Nemo, la maschera, il mostro degli abissi – non rappresenta altro che una parte della paziente stessa. Anche se inizialmente sembrano personaggi separati, quasi appartenenti a una storia esterna, si rivelano essere frammenti interni: il genitore cercato, il bambino perduto, la fatica nel riavvicinarsi all’altro, la paura che i propri bisogni divorino l’altro.
Il sogno si rivela così una vera e propria mappa affettiva. Un modo in cui la mente rappresenta, attraverso simboli, legami e conflitti profondi. È così che, anche un sogno a occhi aperti, può diventare un momento di svolta: non solo perché mostra, ma perché accompagna. Aiuta a sentire, a capire, a trovare parole nuove per vivere.
Conclusione
I sogni non sono chiavi magiche, ma storie che ci raccontiamo senza parole. Portarli in terapia significa dare voce a una parte di noi che si esprime per immagini, simboli, atmosfere. Non sono più o meno importanti di altri materiali clinici: un sogno può essere illuminante, ma anche una canzone, una scena di un film, un ricordo improvviso, una fantasia a occhi aperti possono portarci nello stesso luogo.
Ciò che conta è lo spazio in cui questi materiali vengono accolti. Il lavoro analitico diventa allora un terreno dove sognare insieme è possibile: non per spiegare, ma per abitare, trasformare e, talvolta, riconoscersi.
Dott.ssa Andrea Budicin
Riferimenti utili per chi vuole approfondire
- Bion, W. R. (1962). Learning from Experience. London: Heinemann.
- Ferro, A. (2007). La tecnica dei sogni: narrazioni, emozioni, trasformazioni. Milano: Raffaello Cortina.
- Freud, S. (1900). Die Traumdeutung. Trad. it. L’interpretazione dei sogni. Opere, vol. 3, Torino: Bollati Boringhieri.
- Meltzer, D. (1984). Dream Life: A Re-Examination of the Psychoanalytical Theory and Technique. Perthshire: Clunie Press.
- Milner, M. (1957). The Suppressed Madness of Sane Men. London: Tavistock Publications.
- Ogden, T. H. (2005). Questo artigianato del pensare. Scritti psicoanalitici. Milano: Raffaello Cortina.
- Ogden, T. H. (2004). "The Matrix of the Dream: Non-interpretive Mechanisms in the Psychoanalytic Treatment of Psychotic, Borderline, and Neurotic Patients." International Journal of Psychoanalysis, 85(3), 611-635.
- Solms, M. (2000). The Neuropsychology of Dreams: A Clinico-Anatomical Study. Mahwah, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
- Solms, M., & Turnbull, O. (2002). The Brain and the Inner World: An Introduction to the Neuroscience of Subjective Experience. New York: Other Press.